RECOVERY

Fotografie digitali 

 

Lo scopo del progetto Recovery è di mostrare immagini prodotte da un algoritmo dopo il processo (non riuscito) compiuto da un programma dedicato al recupero di file fotografici cancellati erroneamente. Questo evento ha la caratteristica dell’unicità non ripetibile essendo il frutto di una casualità matematica.

In buona sostanza, per recuperare le foto cancellate da un dispositivo digitale, i programmi specializzati operano una ricerca nella directory, verificano che le strutture dei file siano ancora intatte (non sovrascritte) e ne propongono il recupero. Tuttavia a volte capita che la proposta non sia veritiera, poiché l’algoritmo è ingannato da parziali sovrascritture. In questo caso il programma non cassa la proposta (come dovrebbe) ma genera foto usando i pixel recuperati in modo arbitrario e, appunto, casuale.

 

Com’è noto il nostro cervello ricostruisce l’immagine che gli occhi hanno acquisito. Sostanzialmente genera rappresentazioni plausibili del mondo che ci circonda. La fotografia digitale funziona allo stesso modo. L’algoritmo accosta pixel in modo che possano generare modelli visivi plausibili alla nostra idea di mondo. E cioè quella rappresentabile. Che cosa succede se il processo di riconoscibilità del verosimile commette un errore?

Il computer produce rappresentazioni autonome che partono però da presupposti ritenuti sufficientemente conformi al vero. Questo processo generativo determina la formazione di visioni che sono in bilico tra il reale e l’astratto. Non sono reali perché non riproducono ciò che comunemente è ritenuto tale ma nemmeno astratte perché il loro processo formativo non ha questa finalità. In pratica non hanno (o non dovrebbero avere) alcun portato retorico.

Allo stesso modo, se la nostra corteccia cerebrale (il vero organo della visione) dovesse mal’interpretare gli stimoli provenienti dagli occhi, produrrebbe immagini false secondo la logica comune, ma plausibili nel processo formativo autonomo, che potremmo definire immagine-pensiero.

L’immagine-pensiero è stato il focus di opere precedenti di Fulvio Guerrieri (titolo Colori presentate alla mostra Reale - Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza), in cui la formazione della fotografia analogica avveniva attraverso la fusione visiva – cioè una fusione attuata sul piano della sola percezione ottica – dei diversi colori primari portati allo stato di risonanza. La dinamica è fisicamente nota, in ogni caso il risultato è una campitura indefinita, un etereo colore terzo che sfuma ai margini e che esiste poiché veduto, colto, dall’obiettivo fotografico durante la risonanza dei colori base.

Un modo semplice, ma efficace, per bloccare in una foto ciò che viene prodotto dalla corteccia cerebrale in maniera autonoma e arbitraria rispetta al veduto.

Colori, 2001 c-print 70x100


Colori, 2001 c-print 70x100


Ora con Paola Dallavalle il processo creativo viene spostato e amplificato sul piano puramente digitale in cui l’intermediazione operata dal sistema binario genera immagini-pensiero estranee da finalità retoriche, poiché casuali, frutto di un errore algoritmico, motore di emblematiche visioni terze.