RELIGIONI STRATIFICATE

Tre templi, tre canti, un unico Dio


Abramo, secondo la Genesi, ha un rapporto di tipo “immanente” con Dio. In sostanza la divinità, con il suo portato di onnipotenza, si manifesta direttamente al profeta infondendogli fede incondizionata. Per questo motivo le decisioni di Abramo non sono frutto di una scelta ma di una logica fata- lista. Se avesse deciso, per esempio, di non uccidere il figlio Isacco, avrebbe implicitamente rinunciato a credere in Dio. Per le religioni abramitiche (l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam) il libero arbitrio è di fatto fondamentale ma Abramo non ha scelto, ha semplicemente aderito a un pensiero spi- noziano: Dio è “tutto” e non può chiedere, perché ciò significherebbe che ci possa essere un’alternativa alla sua volontà, mettendo altresì in dubbio la propria onniscienza. Pertanto se Dio chiede di uccidere il figlio, la ragione va ricercata in una necessità ineluttabile. Abramo non si è posto alcun proble- ma di natura arbitraria, ha semplicemente (e ovviamente) obbedito all’ineludibile legge divina.

Quanto detto potrebbe essere un’ipotesi filosofica pertinente. Non ci si può esimere dall’uso del condizionale poiché la questione è dibattuta; infatti i pensatori, da tempo immemorabile, cercano di risolvere quello che sembra essere un problema teologico spinoso: conciliare l’onnipotenza di Dio con le libere scelte umane.

Di certo nella “costruzione” delle religioni gli uomini hanno esercitato il loro libero arbitrio (la “non scelta” di Abramo si contrappone a quella degli uomini cui la divinità ha rinunciato di mostrare l’unica traccia). Ciò ha permesso alle religioni abramitiche, pur avendo in comune la radice profetica, di interpretare in modo differente il volere divino, così differente da arrivare a chiamarsi vicendevolmente infedeli. Infedeli a cosa? L’unico Dio è lo stesso. Persino nel cristianesimo il dogma della trinità afferma che Dio è uno solo ma comune a tre “persone” della stessa sostanza divina. E se, come sostenuto da alcuni teologi, è la religione (e quindi la fede) a “formare” l’etica, non sussistono grosse differenze etiche tra le tre religioni. Anzi si può affermare che hanno, al netto dei fanatismi, un patrimonio etico comune. Ciò fa supporre che l’accusa d’infedeltà sia da attribuire ad altro. Probabilmente va ricercata nella convinzione reciproca di unicità e universalità della propria fede. Per esempio la famosa frase latina “Extra Ecclesiam nulla salus” rivendica, per il cristianesimo, la propria egemonia quale conseguenza del sacrificio di Cristo. Essere al di fuori volontariamente dalla via tracciata dalla Chiesa, preclude la salvezza. D’altra parte (e ovviamente) l’Islam e l’Ebraismo ritengono la loro fede unica e assoluta, aborrendo ogni forma di relativismo teologico.

Parrebbe quindi che ognuna delle tre religioni rivendichi “la retta via” per avvicinarsi al sacro, fornendo gli strumenti adeguati per raggiungere lo stato di vita giusta e armonica.

Questa armonia può esistere se le espressioni culturali, alimentate dalle reciproche religioni, si “stratificano”? Sembrerebbe scontato rispondere no, ma effettivamente non è (o non è stato) del tutto vero, almeno dal punto di vista estetico. Possiamo vedere nell’architettura mudéjar, che s’impose in Spagna dal secolo XII, un esempio di convivenza culturale tra ebrei, mussulmani e cristiani, che amalgamarono elementi architettonici caratteristici nelle costruzioni di pregio sia di uso comune sia religioso. Ci sono degli esempi superlativi di chiese o sinagoghe costruite da maestranze arabe.

In ogni caso, nell’attualità (come nel passato), il sentire comune considera l’Islam, l’Ebraismo e il Cristianesimo religioni contrapposte foriere di violenti dissidi; e proporre una visione unitaria sovrapponendo simboli spirituali o preghiere peculiari potrebbe muovere l’accusa di blasfemia. Tuttavia pensiamo valga la pena verificare i risultati di tale operazione.

L’opera Stratificazioni religiose è composta da una stampa al platino palladio (tecnica che ha la caratteristica di essere “eterna”) in cui compare un paesaggio formato da tre edifici religiosi di Roma, la Moschea, la Sinagoga, San Pietro, e da un file audio in cui tre canti religiosi, gregoriano, islamico ed ebraico, sono sovrapposti in un continuum armonico visivo e sonoro. Una possibile via estetica delle tre religioni abramitiche che rimanda alla condivisione del portato profetico, a un sentore di potenziale risignificazione e concordia.

Stampa al platino palladio cm 25 x 20

     File audio 2:52 min. in loop