SUBURBIA - Periferie nel territorio nella mente nella comunicazione
a cura di   Marinella Paderni   Marco Senaldi
Chiostri di San Domenico - Reggio Emilia
Artisti:
Natacha Anderes, Fabio Boni, Carolina Caycedo, Carolyn Chambliss, Costantino Ciervo, Andrea Contin, Paola Dallavalle + Fulvio Guerrieri, Paola De Pietri, Paola Di Bello, Flavio Favelli, Annamaria Ferrero + Massimo Di Nonno, Matteo Fraterno, Paolo Gonzato, Tue Greenfort, Francesco Jodice, Armin Linke, Lorenza Lucchi Basili, Andrea Nacciarriti, Marco Neri, Seamus Nicolson, Stalker, Lucaa Pancrazzi, Paola Salerno, Elisa Scaramuzzino + Andrea Pavesi, Telecitofono.



...Alcuni "edifici mediali", in particolare, hanno generato una sorta di "urbanistica dell'immaginario" i cui esiti sono tutt'altro che onirici. Ai primi anni ottanta datano ad esempio sia l'elogio della vita suburbana residenziale e "normalizzata" dei Pet Shop Boys che l'iddiio postmoderno del Mulino Bianco Barilla. Questi artefatti mediali incarnano bene i caratteri dell'immaginario post-urbano: il giardinatto privato dei suburb inglesi è la fonte di ispirazione delle "villette a schiera" - finalmente nel "verde" ma "a dieci minuti dal centro". Entrambi contribuiscono a strutturare le aspirazioni del cittadino neometropolitano: ritorno alla natura, esaltazione dei valori semplici, riscoperta della tradizione, desiderio di libertà ed indipendenza - ideali realizzati però con il massimo dell'impatto ambientale, con la privattizzazione dello spazio, lo sviluppo orizzontale, l'ideoligia della "villetta", l'espulsione di qualunque sentire "civile", l'individualismo esasperato sostenuto da una "ideologia reazionaria neocomunitaria". Sono aspirazioni simili a delineare quel soggetto (neo)metropolitano, efficacemente descritto da Paolo Desideri, come fortemente individualista; stretto con forza attorno ai prorpi legami familiari; spesso ricondotto ad una attività lavorativa autonoma o comunque svolta in casa; bisognoso di forte incremento della superfice abitabile procapite; provvisto di una sensibilità ecologica sufficiente ad indurgli il bisogno di un orto-giardino ma insufficiente a fargli rinunciare all'auto e dunque al garage separato; contradditorio fruitore di sempre più sofisticate attrezzature telematiche ma contemporaneamente di barbecue e fontanine e serie completa di ridenti settenani nel giardino sul retro; schizzofrenicamente sospeso tra le gratificazioni della coltivazione in proprio e quella della spesa settimanale all'ipermercato accanto...

Marco Senaldi



...il linguaggio "spontaneo" delle ville borghesi di Paola Dallavalle/Fulvio Guerrieri...

Mariella Paderni



...La ricerca di Paola Dallavalle e Fulvio Guerrieri nasce dalla riflessione su una particolare tipologia di ville mono/bifamiliari che in questi ultimi anni trova più spazio nei quartieri limitrofi dei centri urbani. Queste costruzioni sono il frutto di scelte estetiche molto lontano da qualsiasi dettame di architettura colta, e testimoniano come, progettisti da un lato e committenti dall'altro, si rifacciano esplicitamente al linguaggio dell'architettura contemporanea, arrivando però ad una totale omologazione di elementi che diventano, quindi, comuni e ricorrenti.

L'indagine fotografica dei due artisti è partita dalla Lombardia per spostarsi, successivamente, in altre regioni e città italiane, compreso Reggio Emilia, con il duplice intento di documentare una tipologia abitativa oggi estremamente popolare e diffusa e di riflettere su un modello architettonico che diventa anche status simbol sociale ed economico.

Molto interessante è notare la spontanieità di linguaggio architettonico espresso da tutte queste abitazioni che nasce senza regole precise o imposte da piani regolatori e, rifacendosi a citazioni postmoderne eclatanti, contribuisce a creare elementi visivi e compositivi ricorrenti, tanto che essi stessi danno origine ad un'autonomia stilistica rintracciabile in luoghi anche geograficamente molto distanti fra di loro. Dallavalle e Guerrieri hanno scattato circa 900 fotografie nel nord Italia, utilizzando sempre la stessa inquadratura, non perfettamente centrale, ma leggermente laterale, ad una distanza pressoché identica ddal soggetto; proiettate in loop queste immagini, si susseguono con un ritmo costante che arriva ad identificare un soggetto unico, omologato, un modello di abitazione che diventa il prototipo di sogni ed ambizioni umane. La fotografia non è, dunque, una pratica del tutto innocente e svincolata da responsabilità; la catalogazione di queste immagini sottende, infatti, una sguardo critico, una visione della realtà che contrasta in parte con un immaginario sempre più televisivo e massmediatico.

Elisa Mezzetti

 

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